Monday, October 04, 2010

barbera

l'anno passato, era più o meno questo periodo, sono andato al solito salone del vino con mio cognato Paolo, un personaggio che se non fosse vero si farebbe fatica a credere possa esistere.
beviamo di qua, beviamo di là, dopo mezz'ora sono già ubriaco. e mi lascio trascinare da Paolo in disquisizioni filosofiche che, coinvolgendo ovviamente altri ubriachi che incrociamo tra uno stand e l'altro, ci portano a conoscere un milanese con la M maiuscola.
e parte a raccontarci che lui ha fatto tutti i più grandi saloni del vino di europa, che ha girato intere nazioni solo per assaggiare i vini, che ha speso capitali in bottiglie pregiate, che ha letto e studiato enologia, insomma, veramente un gran bevitore, non troppo intellettuale (visto che era sbronzo anche lui, quindi magari qualcosa l'ha anche esagerata un po') ma preparato sull'argomento.
dopo i racconti di quello che ha assaggiato e dei posti che ha visitato, cadiamo a parlare dei vini che stavamo assaggiando (vino piemontese).
e di nuovo discussioni sulla globalizzazione del mercato che porta i produttori a modificare i vini per seguire i gusti del mercato, del solito barrique che elimina gli "spigoli" dei vini... insomma, le classiche chiacchiere da ubriaconi. fino a quando se ne esce con un'affermazione lapidaria: "dopo aver assaggiato tanti vini e studiato così tanto, sono arrivato ad una conclusione.... il barbera deve essere acido. quelli che ti propinano un barbera con profumi di fiori, gusto fruttato, retrogusto vellutato ed altre minchiate, ti prendono per il culo. il vero barbera deve essere aspro, anzi quasi acido, perchè così viene fuori dalle terre e dalle uve delle zone del barbera."
e al di là del fatto che ha pienamente ragione (anche se non ho assaggiato tutti i vini che ha assaggiato lui, sono pur sempre cresciuto bevendo barbera d'asti), questa considerazione ha fatto nascere un'ulteriore discussione tra me e paolo che ci ha accompagnato per tutto il pomeriggio.
succo: è vero, ci pigliano per il culo. questa "globalizzazione dei mercati", che ci hanno spacciato per l'annullamento delle distanze fisiche e quindi la possibilità di avere a disposizione beni provenienti da paesi lontanissimi e quindi di poter conoscere sempre di più il resto del mondo, avvicinarlo con lo scambio delle merci, è in realtà una fregatura.

Primo: la globalizzazione è a senso unico.
è vero che io posso comprare gli anacardi del botswana e l'olio dei monti del perù ed il sale dell'himalya. vorrei sapere se lo stesso possono fare gli abitanti di quei paesi con i nostri salami e formaggi. Le distanze quindi si riducono... ma solo per chi ha i soldi per farlo.

Secondo: la globalizzazione porta alla contraffazione.
Facciamo un esempio: il mio amico paolo produce un ottimo olio siciliano con metodi "familiari". lo fa assaggiare al mio amico andrea che vive in giappone. favoloso! mandamene una trentina di litri. non fa in tempo ad arrivare che andrea l'ha già venduto ai conoscenti.
mandamene altro, facciamo 100 litri. la voce si spande, ok, lo viene a scoprire uno che lavora in un ristorante italiano... mandamene giù altri 100 litri. figata, si vende come il pane.... il ristorante adesso vuole una fornitura maggiore. mandamene giù 300 litri, così abbattiamo i costi di spedizione.
paolo va in magazzino e scopre che l'olio è finito. che fa?
opzione 1: chiama andrea e gli dice che è finito, tutto il lavoro fatto fino ad ora non è servito a nulla, la promozione, le spedizioni, i casini con la dogana. tempo perso, l'olio è finito.
opzione 2: paolo va dal suo vicino e gli chiede se ha dell'olio da vendere. paolo è onesto: sa che il suo vicino produce lo stesso olio che produce lui, conosce le sue terre ed i suoi alberi. sa che vendendo l'olio del vicino, anche se non è proprio il suo, garantisce la stessa qualità e la stessa provenienza. purtroppo il vicino di paolo non è altrettanto onesto... e taglia il suo olio con olio pugliese. olio buono sicuramente, ma non è più l'olio siciliano che era in origine e che grazie alla "globalizzazione" è arrivato puro e saporito in giappone.
quale ipotesi è più vicina alla realtà?

Terzo: la globalizzazione uccide le specialità locali
Tutti sanno che per vendere un prodotto è inevitabile che si cerchi di andare incontro ai gusti del cliente. Tuttavia, se il mercato è globale, anche i gusti saranno "globali", e si cercherà di andare incontro al gusto "medio del mercato", possibilmente di quello dove ci sono più compratori. Ecco perchè un buon barbera acido viene "smorzato" da invecchiamenti in legno e ricerca di uve con minore esposizione al sole.
Ma alla fine, quando tutto il barbera non saprà più di barbera..... cosa disinguerà il nostro barbera dal merlot francese o da quello messicano??

Leggetevi la storia di Giovannina e riflettete: http://ruckert.splinder.com/post/23069944/giovannina