Wednesday, May 11, 2011

Un granello di sabbia

In questi ultimi giorni di campagna elettorale sfegatata e senza regole (per gli altri) provo una strana sensazione. Forse per la prima volta mi sento parte di un qualcosa di grande (nel mio piccolo) che sta cambiando le cose.
Per molti anni mi sono chiesto come si fossero sentiti nei famosi anni 60 e 70 gli studenti che hanno portato avanti la "rivoluzione culturale".... anche se le cose adesso sono molto diverse, i toni sono molto meno accesi, gli strumenti di diffusione del messaggio assolutamente impensabili a quell'epoca, penso che la sensazione sia molto simile. Non sarò certo io a cambiare le cose.... ma sento di far parte del cambiamento, secondo le mie possibilità, secondo il mio impegno.
Un granello di sabbia non fa una montagna.... ma senza granelli di sabbia la montagna non esisterebbe.
Ed è bellissimo vedere come, nonostante lo stato vergognoso in cui si trovano le istituzioni, la politica, l'informazione, la cultura, l'economia, ecc. ecc. ci sono una serie di forze completamente nuove che stanno nascendo e che piano piano si stanno organizzando a formare piccoli "mucchietti di sabbia".
Fanno errori come tutte le cose appena nate, ma da ogni errore imparano, ed imparano ad una velocità che nessuno poteva immaginare... e soprattutto crescono.
Questi movimenti/gruppi nascono da persone che hanno finalmente capito che lamentarsi non serve a niente se poi si continua a giocare con le regole imposte dal "sistema". Bisogna giocare fuori dagli schemi, è l'unico modo per farcela.

Il sistema dice che ci sono la destra e la sinistra: o ti schieri da un lato o ti schieri dall'altro. Allora noi non ci schieriamo.
Il sistema dice che l'informazione è fatta da tv e giornali. Allora noi l'informazione la facciamo in piazza e sul web.
Il sistema dice che per fare politica ci vuole esperienza. Allora noi facciamo della nostra giovane età e della nostra scarsa esperienza il nostro punto di forza, da contrapporre a personaggi invischiati nei meandri della politica da anni, a volte da decenni.
Il sistema dice che non ce la farai mai da solo, senza alleanze. Ed allora noi non vogliamo alleanze e ce la faremo da soli.
Anzi, al sistema gli faremo un culo così.

Monday, March 28, 2011

anche i rudi motociclisti piangono

da tanti anni, in un modo o nell'altro, sono "vittima" di un discreto "senso civico".
dopo aver fatto tanti anni di volontariato prima in parrocchia e poi all'associazione giacomo 5 a san mauro, in occasione della nascita di gabriele 3 anni fa, mi sono preso una pausa di riflessione, anche per godermi un po' di più la famiglia. ma alla fine non è durata molto: grazie al sito beppegrillo.it è già da un anno che mi dedico più o meno attivamente alla politica san maurese (fate finta che il termine politica non abbia il senso dispregiativo a cui viene ormai associato) e da questo mese, dopo anni ed anni di indecisione, sono finalmente diventato donatore di sangue.
certo sono 2 cose diverse, ma tutte e due ricadono nella categoria di attività extra lavorative per cui alcune persone ti chiedono: "ma perchè lo fai?"
bella domanda... alla quale è difficile rispondere senza rischiare di cadere in luoghi comuni e motivazioni poco convincenti. certo, è bello sapere che ci si impegna per migliorare la vita di altre persone, o in alcuni casi di salvarla, ma è ovvio che non sarà il mio mezzo litro di sangue che salverà l'umanità nè il banchetto sotto la pioggia a san mauro torinese che renderà migliore la città.
quindi, per dare una giusta risposta ai "ma perchè lo fai?", ci ho riflettuto un po'.... ed alla fine sono arrivato ad individuare il minimo comune denominatore che mi spinge a "perdere tempo ed energie" in queste cose: mi fanno piangere. non in senso negativo naturalmente: il pianto è la manifestazione esteriore e fisica di un'emozione interiore fortissima. e non si tratta di pianti da tragedia greca con lacrime e fazzoletti fradici. due tre singhiozzi, gli occhi che diventano rossi, 2 lacrime e finito tutto. sono pur sempre un rude motociclista barbuto, e devo mantenere un minimo di ritegno. scherzi a parte però, è la forza di questa emozione che mi spinge a prendermi determinati impegni e fare quello che per molti altri è una perdita di tempo.
ovviamente non è che piango ad ogni riunione del movimento.... ma a volte scatta qualcosa (una frase che leggo, un'immagine che vedo, un ragionamento che faccio) che provoca una sorta di "eruzione di emozioni".
l'ultima volta è capitato dopo aver donato il sangue. stavo leggendo il materiale informativo e le riviste dell'AVIS che mi hanno dato, quando all'improvviso mi sono accorto del valore che ha questo gesto e dell'importanza della gratuità e volontarietà dello stesso... è bastato sapere che tutto il sangue presente in italia è frutto solo di donazioni e volontariato e mi sono concesso 2 lacrime.
la volta prima è stata leggendo del movimento 5 stelle. al di là delle parole di beppe, che è comunque un grande comunicatore e che quindi sa il fatto suo quando si tratta di coinvolgere le persone, quello che mi ha smosso è stato vedere l'impegno di questi ragazzi che stufi di quello che vedono in giro e stanchi di accettare passivamente il ruolo che la società di oggi gli impone, hanno deciso di prendere in mano la situazione SENZA NESSUN VANTAGGIO per se stessi. onestamente: avete idea dell'impegno che richiede la politica, se fatta bene? preparare programmi, presentare interrogazioni in consiglio, studiare le delibere, fare campagna elettorale, fare banchetti, tenere i rapporti con i media, partecipare a manifestazioni ed eventi, ecc. ecc.? e tutto deciso in maniera il più possibile democratica e condivisa? è un incubo!!! eppure ci sono decine di ragazzi che dedicano il loro tempo gratis per queste cose, solo perchè hanno capito che questa è l'unico modo per cambiare direzione: per evitare di avere centrali nucleari o inceneritori vicino a casa, per evitare che un delinquente grazie al suo potere ed ai suoi contatti diventi parlamentare o consigliere, per garantire che i nostri bambini vadano in una scuola pulita, senza amianto e che non cada a pezzi. votare al referendum del nucleare non serve a niente: abbiamo già votato, eppure il governo ha deciso di farlo ugualmente. quindi bisogna muoversi, fare informazione, uscire per strada ed entrare nelle istituzioni. riprendersi in mano, poco per volta, questo paese che giorno dopo giorno viene rovinato da interessi che non sono quelli dei cittadini e da scelte che non sono per il bene comune.
come dice beppe: ragazzi, o fate qualcosa, o ve ne andate dall'italia. 4 lacrime, un bel vaffanculo e poi sotto la pioggia a cercare di spiegare alla gente che il sindaco PD di settimo torinese ha proposto il suo comune come sede del prossimo inceneritore di rifiuti torinese, che a 40 km da san mauro c'è uno dei più grandi e pericolosi depositi di stoccaggio di sostanze radioattive, che l'attuale sindaco ha costruito su ogni triangolo di verde san maurese del lato collinare ed adesso che non c'è più spazio sta cementando anche l'Oltre Po. e prima ancora, qualche lacrima è stata versata per i bambini che aiutavo alla giacomo 5, che invece di avere un papà che li aiutava e li guidava nella crescita ne avevano uno che picchiava loro e le loro madri.
quindi al prossimo che mi viene a chiedere "ma perchè lo fai", rispondero con una domanda: "hai mai fatto qualcosa che ti ha riempito il cuore fino a farti piangere?".

Monday, October 04, 2010

barbera

l'anno passato, era più o meno questo periodo, sono andato al solito salone del vino con mio cognato Paolo, un personaggio che se non fosse vero si farebbe fatica a credere possa esistere.
beviamo di qua, beviamo di là, dopo mezz'ora sono già ubriaco. e mi lascio trascinare da Paolo in disquisizioni filosofiche che, coinvolgendo ovviamente altri ubriachi che incrociamo tra uno stand e l'altro, ci portano a conoscere un milanese con la M maiuscola.
e parte a raccontarci che lui ha fatto tutti i più grandi saloni del vino di europa, che ha girato intere nazioni solo per assaggiare i vini, che ha speso capitali in bottiglie pregiate, che ha letto e studiato enologia, insomma, veramente un gran bevitore, non troppo intellettuale (visto che era sbronzo anche lui, quindi magari qualcosa l'ha anche esagerata un po') ma preparato sull'argomento.
dopo i racconti di quello che ha assaggiato e dei posti che ha visitato, cadiamo a parlare dei vini che stavamo assaggiando (vino piemontese).
e di nuovo discussioni sulla globalizzazione del mercato che porta i produttori a modificare i vini per seguire i gusti del mercato, del solito barrique che elimina gli "spigoli" dei vini... insomma, le classiche chiacchiere da ubriaconi. fino a quando se ne esce con un'affermazione lapidaria: "dopo aver assaggiato tanti vini e studiato così tanto, sono arrivato ad una conclusione.... il barbera deve essere acido. quelli che ti propinano un barbera con profumi di fiori, gusto fruttato, retrogusto vellutato ed altre minchiate, ti prendono per il culo. il vero barbera deve essere aspro, anzi quasi acido, perchè così viene fuori dalle terre e dalle uve delle zone del barbera."
e al di là del fatto che ha pienamente ragione (anche se non ho assaggiato tutti i vini che ha assaggiato lui, sono pur sempre cresciuto bevendo barbera d'asti), questa considerazione ha fatto nascere un'ulteriore discussione tra me e paolo che ci ha accompagnato per tutto il pomeriggio.
succo: è vero, ci pigliano per il culo. questa "globalizzazione dei mercati", che ci hanno spacciato per l'annullamento delle distanze fisiche e quindi la possibilità di avere a disposizione beni provenienti da paesi lontanissimi e quindi di poter conoscere sempre di più il resto del mondo, avvicinarlo con lo scambio delle merci, è in realtà una fregatura.

Primo: la globalizzazione è a senso unico.
è vero che io posso comprare gli anacardi del botswana e l'olio dei monti del perù ed il sale dell'himalya. vorrei sapere se lo stesso possono fare gli abitanti di quei paesi con i nostri salami e formaggi. Le distanze quindi si riducono... ma solo per chi ha i soldi per farlo.

Secondo: la globalizzazione porta alla contraffazione.
Facciamo un esempio: il mio amico paolo produce un ottimo olio siciliano con metodi "familiari". lo fa assaggiare al mio amico andrea che vive in giappone. favoloso! mandamene una trentina di litri. non fa in tempo ad arrivare che andrea l'ha già venduto ai conoscenti.
mandamene altro, facciamo 100 litri. la voce si spande, ok, lo viene a scoprire uno che lavora in un ristorante italiano... mandamene giù altri 100 litri. figata, si vende come il pane.... il ristorante adesso vuole una fornitura maggiore. mandamene giù 300 litri, così abbattiamo i costi di spedizione.
paolo va in magazzino e scopre che l'olio è finito. che fa?
opzione 1: chiama andrea e gli dice che è finito, tutto il lavoro fatto fino ad ora non è servito a nulla, la promozione, le spedizioni, i casini con la dogana. tempo perso, l'olio è finito.
opzione 2: paolo va dal suo vicino e gli chiede se ha dell'olio da vendere. paolo è onesto: sa che il suo vicino produce lo stesso olio che produce lui, conosce le sue terre ed i suoi alberi. sa che vendendo l'olio del vicino, anche se non è proprio il suo, garantisce la stessa qualità e la stessa provenienza. purtroppo il vicino di paolo non è altrettanto onesto... e taglia il suo olio con olio pugliese. olio buono sicuramente, ma non è più l'olio siciliano che era in origine e che grazie alla "globalizzazione" è arrivato puro e saporito in giappone.
quale ipotesi è più vicina alla realtà?

Terzo: la globalizzazione uccide le specialità locali
Tutti sanno che per vendere un prodotto è inevitabile che si cerchi di andare incontro ai gusti del cliente. Tuttavia, se il mercato è globale, anche i gusti saranno "globali", e si cercherà di andare incontro al gusto "medio del mercato", possibilmente di quello dove ci sono più compratori. Ecco perchè un buon barbera acido viene "smorzato" da invecchiamenti in legno e ricerca di uve con minore esposizione al sole.
Ma alla fine, quando tutto il barbera non saprà più di barbera..... cosa disinguerà il nostro barbera dal merlot francese o da quello messicano??

Leggetevi la storia di Giovannina e riflettete: http://ruckert.splinder.com/post/23069944/giovannina

Wednesday, September 22, 2010

into the wild?

come tanti sono rimasto anche io affascinato dal film "into the wild" di sean penn.

vuoi per i luoghi straordinari che il protagonista attraversa, vuoi per la splendida colonna sonora del film di eddie vedder (miglior disco dell'anno???), vuoi per gli ideali che spingono il protagonista nella sua avventura, vuoi per il fatto che quando ho visto il film non sapevo nulla della storia e soprattutto non sapevo che fosse una storia vera.



credo che la bellezza e le emozioni che questo film trasmetta siano molteplici: da un lato l'ammirazione verso questo ragazzo, che ha fatto del rifiuto verso la società la sua forza per intraprendere una piccola odissea in totale libertà. dall'altro l'invidia per la sua capacità di apprezzare e godere della bellezza della natura in cui riesce a calarsi. dall'altro il fastidio per la stupidità e l'arroganza con cui si lancia nella sua impresa finale in alaska.



contrastato da queste emozioni ho inziato a cercare su internet altre informazioni, leggere articoli, commenti, pensieri di altri su questa storia. ed anche qui ho trovato, grossomodo, le stesse reazioni provate da me. certo, c'è chi lo stima immensamente oppure chi lo definisce un ragazzotto imprudente, ma alla fine, facendo una somma di tutto, questa storia ha creato un sacco di "clamore" e tutti, chi da un lato chi dall'altro, hanno preso posizioni piuttosto forti nei suoi confronti.



a questo punto mi sono deciso a leggere il libro di krakauer da cui è tratto il film. immaginavo fosse un romanzo, invece è una sorta di analisi, scaturita da un articolo scritto dallo stesso krakauer, della storia del ragazzo, dei motivi che l'hanno portato a fare quello che ha fatto, di altri personaggi più o meno celebri che hanno compiuto imprese simili. è scritto in maniera distaccata e con stile giornalistico, quindi mette un po' da parte il lato "romazato" che invece è sempre presente nel film.



beh...leggendo il libro, il cui autore non nega l'ammirazione per chris raccontando anche di imprese simili a quella del ragazzo da lui stesso compiute in gioventù, un po' mi sono chiarito le idee. chris mc candless (pace all'anima sua) era un cretino. certo, aveva mille qualità, era un sognatore, un idealista, era intelligente, carismatico, sincero, coerente (anche se il periodo in cui lavora presso un mc donalds mi fa dubitare un po' di questo) e tutto quello che volete.

ma solo uno che non ha mai toccato con mano la natura può illudersi di poter sopravvivere in alaska per mesi interi con un fucile, un libro di bacche ed un taccuino con sopra degli appunti su come macellare ed essiccare gli animali. si dice che, nonostante le sue conoscenze pressochè nulle, sia sopravvissuto molto a lungo... ma quello che conta è che alla fine non ce l'ha fatta. e paradossalmente, da quanto sembra di poter capire, pare che non l'abbia fatta proprio nel momento in cui si era reso conto dell'assurdità del suo comportamento, quando ha cercato di tornare a casa. quando ha capito che questa estrema prova di sopravvivenza non aveva il valore che lui si aspettava e che, alla fine (come lui ha scritto), "la felicità è reale solo quando condivisa".



leggendo il libro poi si viene a scoprire che in realtà chris è morto a pochi km da una capanna dei ranger e che, se solo avesse camminato per qualche ora lungo il fiume, avrebbe trovato un posto per attraversarlo grazie ad una sorta di funivia artigianale..... insomma, gli ideali ti possono spingere a compiere grandi imprese, ma solo un'adeguata preparazione e conoscenza delle cose ti permette di portarle a termine. e andare in mezzo al nulla (si fa per dire) senza una mappa, senza cibo e senza conoscere il territorio e cose banali come il fatto che in estate i fiumi si ingrossano per lo scioglimento delle nevi non è proprio quello che si dice essere preparati ad una simile impresa.



ma nonostante questa deludente conclusione a cui sono arrivato (deludente per me, in fondo anche io sono rimasto incantato da questa storia... e l'incantesimo si è un po' dissolto), mi trovo ancora a riflettere sul coraggio e sulla forza di questo ragazzo.

oggi se per caso dimentichiamo a casa il cellulare ci sentiamo perduti.... se per sbaglio usciamo senza soldi nel portafoglio quando ce ne accorgiamo andiamo nel panico. senza il navigatore non sappiamo più dove andare. quando dobbiamo fare una gita in montagna ci portiamo viveri per un battaglione, perchè non si sa mai. l'anno scorso io sono rimasto senza acqua calda per qualche settimana, ed ero disperato. provate solo ad immaginare il caos totale in cui cadremmo in questo stesso momento se svanisse la corrente elettrica. non siamo più capaci di procurarci il cibo, nè di difenderci dal freddo, nè siamo in grado di bere acqua senza che sia stata depurata (pena la cacarella!).

chris ha vissuto oltre tre mesi senza niente di tutto questo... senza una luce di notte, senza riscaldamento, senza parlare con nessuno, senza sapere dove fosse e soprattutto senza nessuna "sicurezza" tranne un bus abbandonato in mezzo al nulla.

non so quanti di noi ci riuscirebbero.... quindi, in conclusione, grazie chris: con la tua storia forse sei riuscito a farci riflettere un po' sul mo(n)do in cui viviamo.

Thursday, September 16, 2010

Il cambiamento

questa mattina riflettevo sui cambiamenti. il cambiamento è alla base della vita. se le stagioni, le persone, le cose e tutto quello che ci circonda non cambiasse continuamente, non ci sarebbe vita. tutto cambia: a volte non ce ne rendiamo nemmeno conto, come nel caso dei cambiamenti molto lenti o di quelli rapidi, ma se anche noi stessi non cambiassimo di continuo, finiremmo per estinguerci.

il cambiamento è anche alla base della crescita: se non cambiassimo non potremmo crescere, maturare, evolverci verso stadi più alti di conoscenza (o di minore stupidità, per vederla dall'altro lato).

il cambiamento può anche essere fonte di gioia e di piacere: vuol dire imparare ad apprezzare nuove sensazioni, gustare nuovi sapori, godersi nuove emozioni.

il cambiamento può purtroppo essere fonte di tristezza: a volte i cambiamenti ci vengono imposti quando non siamo ancora pronti a riceverli, e ci troviamo costretti a subirli.

tuttavia, con le debite precauzioni, credo di essere un fan del cambiamento: non capisco quelli che votano sempre lo stesso partito, che leggono sempre gli stessi autori, che guardano sempre gli stessi programmi, che fanno sempre le stesse vacanze, che mangiano sempre le stesse cose, che ascoltano sempre la stessa musica. o meglio... non è che non li capisco: in realtà mi spiace per loro, perchè non riescono a vedere quello che si perdono.

forse, come tante cose, anche il cambiamento è una sorta di circolo virtuoso/vizioso: il cambiamento mi porta ad apprezzare cose nuove, ma nel momento in cui apprezzo cose che prima non conoscevo automaticamente sono più propenso a fare nuove esperienze... e le nuove esperienze portano inevitabilmente al cambiamento.

attenti però a non fare del cambiamento un vizio: come dicevo prima ogni cosa ha i suoi tempi, e troppi cambiamenti sono solo sintomo di instabilità. il cambiamento non deve mai essere il fine, ma sempre il mezzo. non si può decidere il cambiamento: chi decide di cambiare in realtà sta solo forzando il suo vecchio schema mentale a cose che non vi hanno a che fare... e spesso l'esito è negativo.
il cambiamento arriva non perchè voluto o cercato: il cambiamento arriva come conseguenza di tante piccole e grandi azioni quotidiane: la strada che facciamo per andare al lavoro, il libro che leggiamo mentre siamo sul cesso, la musica che ascoltiamo, le persone con cui veniamo in contatto, il posto dove mangiamo, le esperienze che decidiamo di vivere, i corsi che scegliamo di frequentare.

impariamo a goderci il cambiamento: gustiamoci il piacere di scoprire che, dopo anni in cui sosteniamo un'idea, adesso la pensiamo diversamente; organizziamo un banchetto a base di carciofi, che solo fino a pochi mesi prima non avevamo mai assaggiato; ammettiamo, dopo anni di presa per il culo, che comunque anche i bon jovi hanno fatto dei begli album.

ma per fare questo...... beh, dovremo leggere qualcosa o parlare con persone che la pensano diversamente da noi; dovremo assaggiare quei cazzo di carciofi senza i quali abbiamo vissuto benissimo fino ad oggi; dovremo rimettere su quel polveroso disco che quasi stavamo per vendere al mercatino.

e se poi ascoltando bene bene il disco di bon jovi scopriremo che in effetti fa proprio cagare come "Crossroads"..... saremo sempre in tempo per cambiare idea di nuovo.